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16 Marzo 2021

In era di pandemia qualsiasi notizia rischia di diventare virale, di assumere toni catastrofici e, comunque, fuori controllo. Fin qui diciamo una cosa ovvia.

Come gestire alcune situazioni specifiche nella maniera più appropriata, in presenza del mondo digitale e della pervasività del ruolo dei social media, senza incorrere in errori da matita blu?

La prima regola viene da lontano, da molto prima dell’avvento dell’era digitale. La migliore strategia dei comunicatori (non dei media a cui si rivolge) è quella di fornire l’informazione strettamente necessaria. Non superare le dosi minime. Non eccedere in dettagli. I commenti e le notizie devono essere solo quelli indispensabili.

Spesso così non è.

Prendiamo ad esempio il caso AstraZeneca. L’azienda è nell’occhio del ciclone in questi giorni per i casi sospetti (e non provati finora) di correlazione tra vaccini e decessi.

“Prendiamo la situazione molto sul serio, e per questo abbiamo coinvolto esperti anche di trombosi” hanno dichiarato i vertici dell’EMA (European Medicines Agency) a proposito dell’azienda biofarmaceutica anglo-svedese: “Quando si vaccinano milioni di persone non è raro che si abbiano reazioni avverse, il nostro ruolo è valutare che qualsiasi caso sia un reale effetto collaterale o una coincidenza e assicuriamo trasparenza perché è nostra priorità garantire la sicurezza del vaccino e comunicare i risultati. Stiamo procedendo ad una analisi rigorosa sugli eventi trombo-emolitici”.

 

Fin qui tutto chiaro. Massima responsabilità nell’accertamento dei casi segnalati e prudente blocco della diffusione dei vaccini in questione.

Ma, come talvolta accade, si dice qualcosa di troppo: “Ad oggi siamo fermamente convinti che i benefici di AstraZeneca superino gli effetti collaterali” ha aggiunto EMA.

In sostanza il ragionamento sottostante è: il rapporto rischi-benefici resta positivo, qualche morto rispetto a decine di milioni di vaccinazioni andate a buon fine rientra nella statistica di questa fattispecie.

Questo è uno di quei casi in cui una frase di troppo non giova, anzi. La lettura superficiale percepita è: tra decine di milioni di vaccinati e pochi decine di casi di decessi il rapporto è comunque a favore dei benefici, con un saldo positivo tra coloro che si sono sottoposti al vaccino senza particolari criticità e alcuni casi molto gravi ancora sotto esame.

Evocare il rapporto costo (decessi) e benefici (vaccinati senza effetti collaterali gravi) rischia di porsi come un ragionamento a doppia lettura, la cui natura è estremamente ambigua e può ingenerare nella popolazione un più che legittimo dubbio: ma io sono un costo o un beneficio? L’effetto che ingenera nei vaccinandi è di naturale e legittima preoccupazione che induce ad un comportamento di opposizione.

Certamente anche senza questo eccesso di comunicazione gli effetti psicologici sulla popolazione si sarebbero verificati. Resta il fatto che il concetto di analisi costo/benefici è un approccio sistematico utilizzato generalmente in ambito economico/ingegneristico/aziendale e non aiuta, semmai aggrava, la percezione del caso e le decisioni conseguenti. Con il risultato di allontanare la fiducia del “consumatore” dal prodotto che gli viene proposto e di accentuare, anziché mitigare, i rischi.  Quando il vaccino anti-Covid AstraZeneca sarà nuovamente autorizzato non sarà facile recuperare la fiducia per riprendere pienamente la campagna di vaccinazione, come è auspicio di tutti, anche per quelle parole di troppo.

L’avvertenza dunque è sempre quella: non superare le dosi minime.