7 October 2019

E’ difficile dare un giudizio completo su un piano industriale di cui non si conoscono ancora tutti i dettagli e di cui semmai esistono soltanto parziali riscostruzioni. E’ certo invece che Rai ha tentato senza successo negli ultimi decenni di dotarsi di una nuova organizzazione editoriale ed industriale, talvolta per mancanza di convinzione, per assenza di un azionista (il Ministero dell’Economia e delle Finanze) in grado di far valere il proprio ruolo e anche per eccesso di presenza delle forze politiche che non hanno mai smesso di considerare il Servizio Pubblico “cosa loro”.

Per questi motivi il recente passato della Rai si è distinto per grande competenza editoriale in un contesto organizzativo “analogico”, ovvero ampiamente superato. Le eccellenze della programmazione di questi ultimi anni sono costituite dalla fiction, dal cinema e da alcuni programmi di approfondimento oltre che da alcuni eccezionali momenti di intrattenimento (Festival di Sanremo, Benigni, Fiorello solo per citarne alcuni).

In Rai, Cinema e Fiction sono organizzate come “generi” che producono in sostanziale autonomia pur con il dovuto coordinamento rispetto alle esigenze dei diversi canali televisivi. La fiction in particolare – soprattutto le serie televisive – è considerata giustamente il fiore all’occhiello dell’azienda radiotelevisiva.

Alcuni anni fa Rai tentò l’esperimento di aprire l’organizzazione per generi anche all’intrattenimento. Per quasi due anni (tra il 2010 e il 2012) Rai Intrattenimento rifornì Rai1 e Rai2 di programmi (che prima venivano prodotti all’interno delle Reti) e lo fece con successo: Tale e Quale Show (ancora oggi il maggior successo di Rai1), La più bella del mondo e I dicei comandamenti di Benigni, The Voice e Pechino Express per Rai2. Ebbe anche i suoi insuccessi, come è naturale che avvenga quando si sperimenta e si cercano nuovi format, ma la specializzazione del genere con professionalità idonee e dedicate era la strada giusta da percorrere. Quell’esperienza fu interrotta quando l’allora direttore di Rai Intrattenimento fu nominato Direttore di Rai1e gli fu chiesto di riassorbire all’interno del canale le competenze che erano state esternalizzate. Quel direttore eseguì le indicazioni, ma lo fece malvolentieri. Quel direttore ero io. Ero consapevole che il modello organizzativo ed editoriale stava funzionando, ma ero altrettanto convinto che Rai non era ancora pronta a metabolizzare fino in fondo la necessità di dotarsi di competenze organizzative separate, a matrice, in tutti i settori della produzione e della programmazione.

Ora Rai sembra fare sul serio. Almeno nelle intenzioni. Nove Direzioni di Contenuto – che avranno (forse) il budget economico e il potere di proposta – saranno dedicate all’intrattenimento (di prime time, day time e culturale), alle serie tv, alle fiction, ai documentari, ai ragazzi, ai format sperimentali, ai contenuti giornalistici di approfondimento. Le tradizionali Reti televisive (soprattutto Rai1, Rai2, Rai3) avranno competenza sul palinsesto e – immagino – anche sulla condivisione dei progetti realizzati dai “generi”. Quest’ultimo punto è decisivo. La rete non dovrà essere il luogo che tutto contiene a seconda di chi produce, ma l’ideatore, insieme ai generi, dei programmi: il cliente che va dal sarto e chiede il vestito su misura. Sarebbe sbagliato pertanto immaginare per la Rete un ruolo soltanto passivo e di ricezione di progetti altrui.

I primi commenti sono sostanzialmente ancorati ad una perplessità generale. Prevalgono le preoccupazioni sul numero di nuovi dirigenti o sugli ostacoli organizzativi. Mi iscrivo subito nel ristretto circolo di coloro che guardano con favore a questo progetto, convinto che soltanto la specializzazione nei diversi generi televisivi può essere la risposta necessaria della televisione generalista (quale Rai è non dimentichiamolo) all’incombente presenza dell’offerta tematica e delle piattaforme a pagamento lineari (SKY) e non lineari (Netflix, Amazon, ecc.).

Il futuro dell’offerta generalista free passa dalla necessaria riqualificazione dei prodotti e da un rapporto sempre più proficuo con le produzioni indipendenti nazionali che stanno dimostrando una grandissima vitalità. La competenzadei generi contro la superficialità del generone televisivo. Insomma, dal generone al genere.

La strada che Rai intende percorrere è virtuosa, almeno nelle intenzioni. Finalmente un progetto di profonda revisione editoriale e industriale. Come tutti i grandi progetti si misurerà con le scelte più adatte alla sfida. Ed è qui che il Piano industriale potrebbe diventare un Piano scivoloso.

L’Amministratore Delegato Fabrizio Salini potrà utilizzare i poteri che la legge gli assegna per creare le migliori condizioni possibili per il successo del progetto? Sarà libero di individuare i migliori professionisti? Potrà creare una squadra realmente competente con la necessaria vocazione all’innovazione?

Per evitare che prevalga lo scetticismo non resta che attendere. Le scelte saranno sotto gli occhi di tutti e saranno proprio quelle a dimostrarci se ancora una volta la Rai sarà sottoposta all’umiliazione dei giochi politici o se ci sorprenderà. Il Cavallo di Viale Mazzini 14 (lo scultore Francesco Messina realizzò il “cavallo morente”) potrà finalmente rialzarsi dalla sua scomoda posizione. Prossimamente su questi schermi.