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4 Maggio 2021

Vi immaginate se in un qualsiasi programma televisivo, non di informazione, un ospite (artista, esperto, consulente, ecc.) cominci a criticare aspramente una parte politica per iniziative non condivise?

Oppure se in un programma musicale un cantante, prima della sua esibizione, esprima la sua opinione contraria a quel partito per una determinata attività?

Per carità, la libertà di espressione è sancita dalla nostra Costituzione e guai a metterla in discussione. Ma qui stiamo parlando del fatto che sul mezzo televisivo, soprattutto se si tratta della RAI (che in quanto Servizio Pubblico ha precise regole su pluralismo, completezza e correttezza dell’informazione), qualcuno possa utilizzarla per scopi che potrebbero essere percepiti di “parte” a scapito dell’altra “parte”.

Il caso Fedez – Rai si inquadra in questo contesto.

L’artista ha ritenuto di esprimere tutto il suo dissenso sulle posizioni della Lega in merito a dichiarazioni dichiaratamente omofobe durante il Concerto del 1 Maggio trasmesso in diretta su Rai3 e organizzato da CGIL, CISL e UIL.

L’organizzazione, dal canto suo, ha provato a dissuaderlo per evitare che su un tema di attualità come il DDL ZAN contro l’omotransfobia venisse rappresentata la sua posizione personale fortemente contraria in un contesto di completa disintermediazione.

Si dirà che RAI avrebbe potuto anticipare il problema ricordando all’artista, al momento dell’ingaggio, le regole alle quali è sottoposto il Servizio Pubblico, non il dichiarato “sistema” ma le regole previste dal Contratto di servizio per non porsi come parte verso qualcun altro o qualcos’altro a senso unico.

Si dirà anche che Fedez non avrebbe dovuto registrare il colloquio con l’organizzazione e la RAI per poi diffonderlo, in modo parziale, sui social lamentando un tentativo di censura.

Il fatto è che paradossalmente hanno torto entrambi. Fedez per aver utilizzato  il suo ruolo di ospite musicale con finalità “politica” inevitabilmente di parte e RAI per aver tentato, tardivamente ed in modo non troppo chiaro, di ricordare  le regole a cui è sottoposta la televisione pubblica, finanziata dal canone di tutti.

Ma hanno anche ragione entrambi quando l’artista rivendica l’esigenza di esprimere una posizione  su un fatto socialmente rilevante e RAI ricorda che in questo modo la performance diventa di parte consentendo una lettura unica di una questione che divide la politica e la società.

La verità sta nel mezzo. La libertà di espressione è sacra ma lo è anche il dovere di non rappresentare parzialmente quella libertà. E’ proprio questo il problema principale di ogni media, soprattutto se pubblico.

E’ quello che succede spesso, quasi ogni giorno, in RAI, anticipando anziché inseguendo la questione per consentire una rappresentazione completa delle vicende che vengono trattate nei vari programmi. Non sempre con successo e non sempre efficacemente.

In questo caso non è andata così. Rai non ha censurato nessuno perché Fedez ha potuto liberamente esprimersi mentre l’artista si è lamentato di un tentativo che in realtà altro non è che l’arte complessa di far convivere pluralismo e completezza di informazione che, probabilmente, poteva essere gestita meglio da entrambi.

D’altronde sul concetto di verità, le parole più attuali sono ancora quelle di Luigi Pirandello che nell’ultimo atto del dramma Così è se vi pare fa esprimere alla protagonista questa frase proprio sulla verità: “Io sono colei che mi si crede”.