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6 Giugno 2017

Si parla molto, forse troppo, della Rai in questi giorni. Si attende la nomina del nuovo Direttore Generale su indicazione dell’Assemblea dei soci (che significa il governo per mezzo dell’azionista Ministero dell’Economia e delle Finanze) e l’attesa si prolunga alla ricerca della soluzione migliore.

Il sistema televisivo si augura una rapida soluzione. Da troppe settimane le attività organizzative e produttive della Rai sono sostanzialmente bloccate. Il nuovo Direttore Generale avrà davanti a sé due possibilità: assicurare la transizione verso il nuovo vertice aziendale sulla base della nuova legge (entro l’estate del prossimo anno), risolvere alcuna importanti questioni aperte (quali i prossimi palinsesti, i compensi degli artisti, il piano delle news) e garantire che il servizio pubblico gestisca con equilibrio la imminente campagna elettorale; oppure fare tutte queste cose aggiungendo un carattere rifondativo al proprio incarico e delineare, con la collaborazione del Consiglio di Amministrazione, la nuova missione della Rai. Mi auguro che possa osare e perseguire questo obiettivo.

Si parla molto, forse troppo, della Rai in questi giorni. Ma non si parla abbastanza di quello che potrà e dovrà essere. Ecco perché il compito del nuovo Direttore Generale sarà impegnativo. Quale Presidente dell’APT lo invito ad affiancare alle pur importanti emergenze che incombono alcune priorità che diano valore e significato al progetto del servizio pubblico; almeno ad istruirle, condividerle con il tessuto sociale e politico, lasciarle in eredità al nuovo vertice.

Ne cito soltanto alcune: la natura giuridica della Rai ed il suo necessario disallineamento dalle regole per la Pubblica Amministrazione che mal convivono con una azienda che opera anche in un mercato concorrenziale; la riforma reale dell’informazione con un progetto industriale ed editoriale del tutto innovativo e di razionalizzazione dell’esistente che abbia il coraggio di rivedere profondamente l’attuale assetto; la revisione del perimetro dell’offerta televisiva (oggi Rai ha 15 canali Tv) e l’individuazione del “core business” aziendale con inevitabili scelte finora sempre rinviate; una rinnovata politica di investimento nel settore dei prodotto audiovisivo per esser volano della filiera produttiva nazionale rappresentata dai produttori indipendenti fornitori di contenuti di alta qualità; una politica editoriale che sappia rinunciare al superfluo e puntare sulle priorità valoriali; un rapporto con la politica improntato al dialogo ed al rispetto reciproco.

Si parla molto, forse troppo, della Rai in questi giorni e di tutti i punti che ho elencato forse il più difficile da realizzare sarà proprio l’ultimo. Ed al prossimo Direttore Generale non posso che esprimere fin d’ora l’incoraggiamento ad osare per contribuire alla realizzazione della Rai che verrà.