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6 Febbraio 2020

Per analizzare la prima puntata della 70^ edizione del Festival di Sanremo partiamo dalla fine, ovvero dall’unico elemento che supera qualsiasi commento e che mette tutti d’accordo nel decretare il successo o l’insuccesso della manifestazione: gli ascolti Auditel.

Il Festival è costruito per creare consenso, la scelta della direzione artistica non è soltanto musicale, ma è soprattutto spettacolare. I cantanti sono degli importanti snodi in un format televisivo che ogni anno deve intrigare, coinvolgere e stupire. La qualità delle canzoni in gara è determinante, ma lo è ancora di più la costruzione dello show. Chi vi dirà il contrario mente. Fidatevi di chi ha organizzato cinque Festival.

Tutto questo per un solo e semplicissimo motivo. Stare sotto il 50% di ascolto è un’onta che deve essere evitata a tutti i costi per non marchiare il festival con il timbro del fallimento. Stare sopra il 50% assolve tutti e lancia la manifestazione verso il meritato successo. Sono proprio questi i vizi e le virtù che da decenni avvolgono Sanremo in una spirale dalla quale non si esce e che rendono le canzoni ed i cantanti un fondamentale asset, ma all’interno di una struttura di programma che deve contenere il giusto mix di credibilità e ritmo (del conduttore), di comicità ed emozione (degli ospiti), di eventi unici, di superospiti, di testimonianze toccanti e di tutto quello che serve per confezionare un grande programma di lusso, lo show più visto nella storia della televisione italiana per cinque giorni ed oltre 20 ore di diretta dal Teatro Ariston.

Partiamo dalla fine, dicevamo. E la fine è stato un ottimo inizio. Dalle 21.35 all’1.27 di notte la prima serata del Festival, condotta da Amadeus, ha superato la fatidica soglia del 50% raccogliendo intorno alla schermo 10 milioni e 58 mila spettatori per uno share del 52,2%.

L’anteprima “Sanremo Start” con l’apertura di Fiorello e la gara tra le nuove proposte (dalle 20.41 alle 21.32) è stata vista da 12 milioni 841 mila spettatori ma con uno share più basso, il 44,0%. Questa apparente contraddizione (maggiori ascolti e minore percentuale di share) è dovuta a una semplicissima regola collegata alla lunghezza di un programma , che è poi alla base del formato extralarge di molti programmi che credono più nella forza evocativa dello share che nella reale consistenza dell’ascolto medio.

La fine dunque è l’inizio di una edizione di successo. Cominciare la manifestazione con ascolti ampiamente superiori al 50% consente a tutta la macchina organizzativa di concentrarsi maggiormente sui contenuti e non cercare a tutti costi effetti speciali. E ripaga la Rai dei 18 milioni di euro spesi per la manifestazione e gli inserzionisti pubblicitari dei 30 milioni investiti.

E ora veniamo allo show vero e proprio.

Amadeus è parso molto professionale e non ha cercato di strafare. E’ stato chiamato per questo. Mettere ordine nell’apparente disordine di cantanti, ospiti, superospiti, attori in promozione, reunion, prologhi e monologhi. E possiamo dire che c’è riuscito benissimo. Ha fatto bene perché non ha strafatto.

Fiorello è stato, e lo sarà sempre di più nelle prossime puntate, il vero, insuperabile e prezioso jolly del Festival. E’ rassicurante con la sua comicità apparentemente semplice, ma che è il frutto di un lavoro immane che è tipico dei grandi professionisti: far sembrare tutto come geniale improvvisazione. Dietro invece ci sono decenni di straordinario lavoro che emergono con leggerezza e che predispongono bene anche i più malmostosi.

Questa prima puntata però è stata contrassegnata da una testimonianza, attesa per le ingiustificate polemiche, che ha bucato lo schermo ed è entrata con fragore nelle case dei telespettatori. Rula Jebreal, per raccontare il tema della violenza sulle donne, ha centrato parte del suo intervento, la più emozionante, sul dramma della mamma vittima di abusi e suicida per gli effetti nel tempo di una tragedia dalla quale non si è ripresa.

E’ stato il momento clou del Festival, ha centrato con rara efficacia un tema così importante e purtroppo ancora così attuale. Proprio per questo il suo intervento avrebbe potuto e dovuto essere trasmesso prima della mezzanotte. Forse ci voleva un po’ più di coraggio. Attendere fino a tardi per affrontare questi temi ha privato molti telespettatori di una testimonianza unica, ma confidiamo sulla potenza dell’on demand e sul ruolo di Rai Play.

E poi Tiziano Ferro. Anche lui è stato è sarà un perno di questa edizione. Potrebbe intervenire anche di più, perché se lo può permettere, ma ascoltarlo è già un privilegio.

La qualità delle canzoni in gara è mediamente elevata, grazie agli inserti opportuni delle ultime generazioni anche di rapper e di trapper, ma soltanto dopo l’ascolto di tutte le 24 canzoni sarà possibile tracciare una linea di confine tra il sufficiente e l’insufficiente. Per ora siamo in bilico ma con una propensione al positivo.

Se degli altri non abbiamo parlato non è stato per mancanza di spazio.